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Pinocchio

    La storia di P

    Il progetto intende elaborare il tema della mutazione facendo riferimento all’opera di Carlo Lorenzini: Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino.

    “…Non posso dire con precisione quando ebbi la consapevolezza che il mio corpo era mutato. Come accadde quella mutazione. Come ho fatto! Non capisco se tutto questo deve adempiere a un disegno superiore, sì insomma il destino, o è una manovra oscura a mio danno? No. Io mi conosco, non posso aver deciso tutto questo, devo pensare, cosa posso fare adesso? Un rimedi, certo ecco, devo trovare un rimedio!…”

    Il disegno forse, posso tentare di rappresentare il percorso che ho seguito. Le figure che ho incontrato, i loro tratti, i loro gesti, le loro proporzioni. E se dietro tutto questo non ci fosse nulla? Prova a tratteggiare dei segni da prima leggeri poi profili decisi che modellano figure silenziose. Ecco che do vita a una la galleria di ricordi, profili di archetipi, accenni di individui qualunque in un flusso di simboli generici. Colori per adesso non ne uso, è il segno che ricerco, voglio definire i contorni. È importante definire il confine di un pensiero, renderlo compiuto, collocarlo nello spazio e nel tempo per tentare di capire.

    Le armi della vita a volte ci sorprendono, ci trasformano e, alla nostra volontà, chiedono amicizia, affetto, a volte compassione.

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    Copertina

    Ho percorso la mia vita e adesso sento di aver concluso una stagione, quel che ho davanti è un cambiamento,

    Ho percorso la mia vita e adesso sento di aver concluso una stagione, quel che ho davanti è un cambiamento, un racconto incerto nella forma ma che si predispone alla metamorfosi. Aver immaginato un passaggio non lo rende più semplice, sollevo lo sguardo e fisso il bianco incerto del soffitto.

    Fisso il bianco che diventa tempo, diventa voci e sguardi, sorrisi e frasi, elementi che fluttuano in un affresco della memoria.

    Il disvelamento avvenne un pomeriggio, tra le rinnovate consuetudini di un giorno di festa, quando con i famigliari ci si ritrova intorno al pranzo domenicale. “Cosa hai fatto nella vita?” il primo suono di tromba arrivò morbido e temperato, quasi accogliente. “beh, ho fatto tante cose, ho studiato, ho lavorato…”. Il secondo squillo fu penetrante e acuto, rapido squassò l’aria senza preavviso, “sì, s’, ma volevo dire, qualcosa di speciale!

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