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Urlazione

    Quanto impegno necessita spiegare la cautela di passi indifferenti che, con la sola eccezione delle sue paure, segnavano il confine con il vasto spazio del nulla in vita. Abitando quel ristretto spazio aperto, gridava con il suo vero nome al flusso che lo sferzava. Avrebbe forse voluto affidare a un amico la sua solitudine, evocata postuma in questa ricerca, la parte più importante della sua esperienza di vita.

    “So-”ente gli uomini per 1a : url-azione dell’aria, indovina” quella del tempo.: e [ Pesso anche :’ingannano, pere/nè sidifloI-ve. .ll/la il Riccio non falli/ce: nè rie: ono .. io.” da: Maraviglie della natura.

    Ammaestramenti di Moralità, Opera del Padre Carlo Gregorio Rossignoli della Compagnia di Gesù – Venezia 1723

    Short echo

    Come nella disperata affermazione di forza, quando il grande pericolo si configura come una vera aggressione afona il figlio dimenticato della strada ricorre all’urlo, o meglio all’urlazione.

    È forse la fine di una memoria o la fine della ricerca di un orizzonte? Si percepisce che all’origine di tutta la distonia percepita c’è la saturazione del vivere mediato. Nella mediazione, naturale estensione dell’ordine, che riscatta una vita percepita come squallida, sempre nel costante pericolo di essere inghiottita dal ventre della terra.
    L’uso del gesto ritmico, espresso in momenti chiave, messo a punto in questa forma con continui confronti, anche dolorosi, diviene ricorsivo nel passaggio di una folla; I rumori della strada inducono il segnale a rafforzarsi. Le urla rimiche sono coerenze interpretative del grado di attenzione.

    Nel la capacità di cambiare intensità sonora molto velocemente attiva, insieme ai gesti veloci, anche il perimetro di giusta distanza. Esso è il segno di sopravvivenza, e rientra e si rappresenta dalla distribuzione ordinata degli oggetti personali, diga nel campo della distesa d’asfalto.

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    Quando vidi costui nel gran diserto,

    «Miserere di me», gridai a lui,

    «qual che tu sii, od ombra od omo certo!».

    La Divina Commedia di Dante Alighieri, Inferno – Canto I

    Il suo grido riesce da par suo, con una strategia consistente nel cominciare col definire un suo spazio identitario in maniera tale che la sua esistenza risulti logicamente incontrovertibile. Poco, molto poco di quel mondo che attraversa il suo spazio si sofferma e osserva quelle sue poche ordinate proprietà. Che il suo campionario di poveri oggetti ordinati possieda in conseguenza della definizione “senza tetto” una riprovevole presenza, rinviando a un necessario verdetto di condanna, emerge chiaro in ogni fantasmatico passante.

    Anche dopo che le indicazioni venivano apposte presso quelle proprietà senza più custode si palesava il sostanziale confine protettivo e l’incompatibilità delle sue urlazioni con quelle direzioni percorse a ragione e con giudizio da persone intente a vivere le loro vite.